OSIRI (osiride)
Osiride era venerato già in età predinastica nella cittaà di Zed nel delta del Nilo, che poi in suo onore cambiò nome in Per-Usirev che in età grecoromana suonava Busiri. Ivi esisteva anche una colonna sacra, forse un totem, che successivamente venne indentificato con Osiri. Ma in effetti Osiri era una divinità agricola, tanto vero che veniva raffigurato in aspetto umano mentre impugna il flagello e il pastorale. Dovendosi occupare di cose agricole, finiva per rappresentare da un lato anche la Luna, il Sole e il Nilo, e dall'altro la Terra stessa. In quest'ultima concezione era però fatale che diventasse anche il dio dei morti; in proposito cfr. Gheb, di cui per altro era figlio. Man mano che il culto di Ostri andava espandendosi, egli soppiantò gli dèi dei morti di altre necropoli, quali Chenti-Amentijev e Sokar (v.).
Il fatto che Osiri fosse una divinità dei morti, ma nello stesso tempo, come abbiamo visto, del Nilo, diede origine alla credenza nella risurrezione. Quando, dopo le alluvioni annuali, il Nilo ritorna nel suo alveo, lascia la terra fecondata che presto si ricopre di verde. Così le piante maturano presto per morire altrettanto presto sotto il sole torrido, salvo rinascere dopo la successiva alluvione del Nilo. Anche Osiri muore per rinascere. Il destino dell'Uomo somiglia a quello di Osiri; anche l'Uomo vive un poco su questa terra e poi muore per rinascere nell'altro mondo. Così in Osiri si identificano tutti i morti che, giunti nell'oltretomba, sono riusciti a superare un esame sulle loro azioni terrene.
Questo era un discorso comprensibile anche al povero fellah; non c'è quindi da meravigliarsi che il culto di Osiri diventasse popolare in tutto l'Egitto e che attorno alla sua persona si ricamassero leggende che infine formarono un intero ciclo.
Gheb, re delle due terre (cioè Egitto superiore e inferiore) aveva due figli — Osiri e Seth — e due fìglie — Iside e Netti —. Iside andò sposa a Osiri, Nefti a Seth. Gheb divise il suo regno tra i due fratelli: a Osiri toccò l'Egitto inferiore, Seth divenne rè dell'Egitto superiore. Osiri era un sovrano di eccelse qualità, tanto da suscitare l'invidia del fratello Seth che cercò di ucciderlo. Ma la vigile Iside sventò tutti gli attentati alla vita del consorte. Ma prova e riprova, un giorno Seth riuscì nel suo intento, uccise Osiri e ne gettò la salma nel Nilo. Iside e Nefti, piangendone la morte, cercarono la salma affannosamente lungo le rive del Nilo, e quando finalmente l'ebbero trovata, la seppellirono di nascosto. Ma l'odio di Seth era di quelli che vanno anche oltre la tomba; si diede a sua volta a cercare, scoprì infine la tomba segreta e ne riportò alla luce il cadavere di Osiri. Lo tagliò a pezzi che sparpagliò per tutto l'Egitto, seppellendone uno in ogni regione. Disperate, Iside e Netti chiesero pietà a Ra che mandò in loro aiuto Anubi. Pazientemente i tre vagarono per tutto il paese alla ricerca di ogni singolo pezzo, e quando li ebbero trovati tutti, Anubi ricompose il corpo di Osiri e l'imbalsamò. Compiuta l'opera, Iside, trasformatasi in colomba, si pose sulla mummia di Osiri e ne restò incinta. Per sfuggire all'ira di Seth, Iside vagò per l'Egitto finché non trovò un rifugio fra gli alti papiri delle paludi dell'Egitto inferiore, dove partorì Horus. Nelle scene della vita quotidiana della prima infanzia di Horus si rivela tutta la semplicità dell'anima egizia. Così si narra che un giorno Horus, curioso e incosciente come tutti i bambini, approfittò di una momentanea assenza della mamma, sgattaiolò di casa, si diede a prendere rane e serpenti e ne inghiottì qualcuno. La conseguenza fu — come per un comune bambino mortale — un terribile mal di pancia. Accorse Iside spaventata e non riuscendo a calmare i dolori del bambino, implorò Ra che con la sua forza magica fece infine passare il mal di pancia del piccolo Horus. Ma non basta: ancora una volta Iside lasciò il piccolo Horus senza sorveglianza, e andò a finire che il bambino cadde in acqua e annegò. Il dio Suchos lo ripescò e Ra lo rianimò, non senza aver dato a Iside una tremenda sgridata per la sua leggerezza.
Quando Horus si fu fatto uomo, decise di vendicare suo padre. Si scontrò con Seth in una furiosa lotta dalla quale entrambi uscirono malconci; Horus ci aveva rimesso un occhio. Intervenne Thot. costringendo i due contendenti a dirimere la loro lite davanti al tribunale degli dèi. La sentenza stabilì essere fondate le ragioni di Horus e obbligò Seth a restituirgli l'occhio. Ma Horus non se lo rimise, bensì lo offrì alla mummia di suo padre Ostri, e a cagion di questo sacrificio dettato dall'amor filiale, Io spirito della vita ritornò in Osiri.
A Horus venne tutta l'eredità di Gheb, mentre Osiri diventò rè delle anime nel regno occidentale.
Spogliata di tutti gli aspetti mitologici, questa leggenda probabilmente non rispecchia altro che una lontana eco delle lotte fra l'Egitto Inferiore e l'Egitto Superiore svoltesi nell'età predinastica, e siccome il vae victis non è un'invenzione di Brenno, il soccombente, nel nostro caso Seth, s'identifica col concetto del male, e il vincitore, cioè Horus, con quello del bene.
A. Morelli, Dei e miti,
Osiride era venerato già in età predinastica nella cittaà di Zed nel delta del Nilo, che poi in suo onore cambiò nome in Per-Usirev che in età grecoromana suonava Busiri. Ivi esisteva anche una colonna sacra, forse un totem, che successivamente venne indentificato con Osiri. Ma in effetti Osiri era una divinità agricola, tanto vero che veniva raffigurato in aspetto umano mentre impugna il flagello e il pastorale. Dovendosi occupare di cose agricole, finiva per rappresentare da un lato anche la Luna, il Sole e il Nilo, e dall'altro la Terra stessa. In quest'ultima concezione era però fatale che diventasse anche il dio dei morti; in proposito cfr. Gheb, di cui per altro era figlio. Man mano che il culto di Ostri andava espandendosi, egli soppiantò gli dèi dei morti di altre necropoli, quali Chenti-Amentijev e Sokar (v.).
Il fatto che Osiri fosse una divinità dei morti, ma nello stesso tempo, come abbiamo visto, del Nilo, diede origine alla credenza nella risurrezione. Quando, dopo le alluvioni annuali, il Nilo ritorna nel suo alveo, lascia la terra fecondata che presto si ricopre di verde. Così le piante maturano presto per morire altrettanto presto sotto il sole torrido, salvo rinascere dopo la successiva alluvione del Nilo. Anche Osiri muore per rinascere. Il destino dell'Uomo somiglia a quello di Osiri; anche l'Uomo vive un poco su questa terra e poi muore per rinascere nell'altro mondo. Così in Osiri si identificano tutti i morti che, giunti nell'oltretomba, sono riusciti a superare un esame sulle loro azioni terrene.
Questo era un discorso comprensibile anche al povero fellah; non c'è quindi da meravigliarsi che il culto di Osiri diventasse popolare in tutto l'Egitto e che attorno alla sua persona si ricamassero leggende che infine formarono un intero ciclo.
Gheb, re delle due terre (cioè Egitto superiore e inferiore) aveva due figli — Osiri e Seth — e due fìglie — Iside e Netti —. Iside andò sposa a Osiri, Nefti a Seth. Gheb divise il suo regno tra i due fratelli: a Osiri toccò l'Egitto inferiore, Seth divenne rè dell'Egitto superiore. Osiri era un sovrano di eccelse qualità, tanto da suscitare l'invidia del fratello Seth che cercò di ucciderlo. Ma la vigile Iside sventò tutti gli attentati alla vita del consorte. Ma prova e riprova, un giorno Seth riuscì nel suo intento, uccise Osiri e ne gettò la salma nel Nilo. Iside e Nefti, piangendone la morte, cercarono la salma affannosamente lungo le rive del Nilo, e quando finalmente l'ebbero trovata, la seppellirono di nascosto. Ma l'odio di Seth era di quelli che vanno anche oltre la tomba; si diede a sua volta a cercare, scoprì infine la tomba segreta e ne riportò alla luce il cadavere di Osiri. Lo tagliò a pezzi che sparpagliò per tutto l'Egitto, seppellendone uno in ogni regione. Disperate, Iside e Netti chiesero pietà a Ra che mandò in loro aiuto Anubi. Pazientemente i tre vagarono per tutto il paese alla ricerca di ogni singolo pezzo, e quando li ebbero trovati tutti, Anubi ricompose il corpo di Osiri e l'imbalsamò. Compiuta l'opera, Iside, trasformatasi in colomba, si pose sulla mummia di Osiri e ne restò incinta. Per sfuggire all'ira di Seth, Iside vagò per l'Egitto finché non trovò un rifugio fra gli alti papiri delle paludi dell'Egitto inferiore, dove partorì Horus. Nelle scene della vita quotidiana della prima infanzia di Horus si rivela tutta la semplicità dell'anima egizia. Così si narra che un giorno Horus, curioso e incosciente come tutti i bambini, approfittò di una momentanea assenza della mamma, sgattaiolò di casa, si diede a prendere rane e serpenti e ne inghiottì qualcuno. La conseguenza fu — come per un comune bambino mortale — un terribile mal di pancia. Accorse Iside spaventata e non riuscendo a calmare i dolori del bambino, implorò Ra che con la sua forza magica fece infine passare il mal di pancia del piccolo Horus. Ma non basta: ancora una volta Iside lasciò il piccolo Horus senza sorveglianza, e andò a finire che il bambino cadde in acqua e annegò. Il dio Suchos lo ripescò e Ra lo rianimò, non senza aver dato a Iside una tremenda sgridata per la sua leggerezza.
Quando Horus si fu fatto uomo, decise di vendicare suo padre. Si scontrò con Seth in una furiosa lotta dalla quale entrambi uscirono malconci; Horus ci aveva rimesso un occhio. Intervenne Thot. costringendo i due contendenti a dirimere la loro lite davanti al tribunale degli dèi. La sentenza stabilì essere fondate le ragioni di Horus e obbligò Seth a restituirgli l'occhio. Ma Horus non se lo rimise, bensì lo offrì alla mummia di suo padre Ostri, e a cagion di questo sacrificio dettato dall'amor filiale, Io spirito della vita ritornò in Osiri.
A Horus venne tutta l'eredità di Gheb, mentre Osiri diventò rè delle anime nel regno occidentale.
Spogliata di tutti gli aspetti mitologici, questa leggenda probabilmente non rispecchia altro che una lontana eco delle lotte fra l'Egitto Inferiore e l'Egitto Superiore svoltesi nell'età predinastica, e siccome il vae victis non è un'invenzione di Brenno, il soccombente, nel nostro caso Seth, s'identifica col concetto del male, e il vincitore, cioè Horus, con quello del bene.
A. Morelli, Dei e miti,