Mito e rito
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Mito e rito entrano nei boschi di pioppi tremuli, nei laghi orlati di salici, nelle mareggiate. E leggendo certe pagine lawrenciane ci prende lo stesso sgomento, grandioso, cosmico, che ci tocca quando su un prato battuto dal vento di un’isola del Nord un cromlech ci appare, uno di quei cerchi di pietre seminascosti tra i fiori giallini e i fili d’erba, testimonianza che lì qualcuno ha saputo specchiare l’universo e venerarne le forze. Chi non ha visto Poseidone, non conosce il mare.
Chi non ha mai visto le Amadriadi, le Oreadi, le Naiadi almeno una volta non conosce gli alberi, né i castagni dei boschi né i tigli dei viali di città, e non sa che cosa siano le montagne, quelle che precipitano rocciose tra i pini e quelle dei ghiacci perenni, né i corsi d’acqua, il torrente tormentato dai rovi e dagli scogli e l’amplio fluire del fiume.
Un segno mitico dà forma alla natura e crea il legame tra la sua essenza e la nostra: senza mito, essa diviene quell’informe scenario, quel grande magazzino da cui la nostra civiltà si è approvvigionata senza amore e senza venerazione per secoli, lasciando soltanto la poesia a riparare, e dar rifugio agli dèi in esilio.
Con la morte di Pan, con la cacciata di Priapo dagli orti, delle Ninfe dalle foreste, di Artemide dalla luna e di Apollo dal sole, la natura perde la sua forza vivente, fatta di luci, di profumi, di colori, di sapori, di panico, di esultanza, di bellezza. Gli alberi diventano soltanto alberi, le pietre soltanto pietre, le onde soltanto onde. Allora la natura non ci parla più, le energie viventi della terra, del mare, del cielo non hanno più forma né nome. Allora i cervi, i salmoni, le allodole sono davvero in pericolo.
Ma se ritorna il mito, ritornano l’anima e l’incanto; se ritorna Pan, porta con sé tutte le altre divinità della natura. Quando Pan è vivo, ci dice James Hillman, allora anche la natura lo è. Così noi udiamo la notte sui rami di un pino lo stridio di una. civetta, e sappiamo che è Atena, vediamo un mattino sulla riva del mare un guscio di conchiglia e diciamo: è Afrodite.
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Giuseppe Conte
Il passaggio di Ermes
Riflessioni sul mito
Ponte alle Grazie, 1999, Milano
Pagine 62-63